Clelia, l'eroina romana prigioniera di Porsenna - Storia Misteriosa, i grandi misteri della storia

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Clelia la ribelle, da ostaggio di Porsenna a eroina di Roma...

Le vicende della ribelle e coraggiosa Clelia costituiscono una delle leggende più importanti della mitologia romana. Siamo alla fine del periodo monarchico e il lucumone etrusco Lars Porsenna è intenzionato a togliere l'assedio a Roma...
Di Andrea Contorni - lunedì 18 dicembre 2023
Storia Misteriosa - La leggenda di Clelia la ribelle
Quando l'ultimo re di Roma, Tarquinio il Superbo, fu cacciato, in suo aiuto accorse Lars Porsenna, sovrano etrusco della città di Chiusi. Iniziò una guerra che vide i Romani sconfitti sul campo. Gli Etruschi di Porsenna assediarono l'Urbe. La conquista era vicino quando il lucumone etrusco, ammirato dagli atti di valore di Orazio Coclite, Muzio Scevola e appunto Clelia, decise di levare il campo e tornarsene a Chiusi.

Quanto vi ho spiegato sopra è la versione leggendaria degli eventi riguardanti la guerra tra Porsenna e Roma, quella cavalcata dalla tradizione capitolina che ben si guardò dal narrare quanto effettivamente successe dopo la cacciata di Tarquinio il Superbo. Gli storici ritengono che Porsenna prese l'Urbe e la dominò a lungo prima di levare le tende perché probabilmente la sua Chiusi, in assenza di sovrano, era stata attaccata da qualcun altro. Il nostro re etrusco si tenne il trono romano per se stesso evitando di cederlo al vecchio alleato, Tarquinio il Superbo, che formalmente stava aiutando. Andando oltre le grandi imprese eroiche di Coclite, Scevola e Clelia, sappiamo da Plutarco e da Plinio il Vecchio che alla fine fu stipulato un trattato tra Roma e Porsenna. I Quiriti si impegnarono a versare un tributo annuale agli etruschi, a non usare il ferro se non in agricoltura e a consegnare come garanzia un certo numero di ostaggi, in cambio del ritiro delle truppe d'occupazione accampate sul Gianicolo e del ripristino di una certa indipendenza. Si ritiene inoltre che Porsenna non fosse solo sovrano di Chiusi ma una sorta di "re di tutta l'Etruria", un condottiero scelto da una lega di poleis alleate, in grado dunque di mettere in campo una forza militare potente e numerosa. Ma perché la tradizione romana, portata avanti dagli antichi autori latini, ha preferito "mentire" riguardo le conquiste di Porsenna? La risposta è semplice, sarebbe stato vergognoso per Roma, tramandare ai propri giovani e ai posteri, una disfatta così umiliante, poi da parte degli "antipatici" cugini Etruschi. Preferibile inserire qua e là qualche impresa e qualche eroe improvvisato in modo tale da "nobilitare" anche la peggiore delle capitolazioni. Ma ora basta parlare di Storia e tuffiamoci nel mito e nella leggenda con l'impresa di Clelia, la ribelle e coraggiosa fanciulla, esempio massimo del valore dell'intero popolo che vide in Romolo il suo primo re.
Storia Misteriosa - Clelia la ribelle viene riportata al campo etrusco dai romani
Clelia discendeva da una famiglia nobile e antichissima e portava il nome, al femminile, del suo capostipite, Clelio, uno dei compagni di Enea. La ragazza aveva un carattere forte e determinato e lo aveva dimostrato fin da piccola in più occasioni. Quando il condottiero etrusco, Porsenna, nel 507 a.C., decise di scendere a patti con Roma, ammirato dal valore di Orazio Coclite e di Muzio Scevola, chiese come garanzia di pace 10 fanciulle e 10 rampolli scelti tra le famiglie più importanti dell'Urbe. Clelia fu mandata al campo etrusco. Non dovrei ma un piccolo accenno a Coclite e a Scevola devo farlo tanto per rendere il pezzo più completo. Publio Orazio Coclite fu colui che difese da solo il ponte che conduceva a Roma, indicato nel Pons Sublicius. Inizialmente in compagnia di altri due disperati, Spurio Larcio e Tito Erminio Aquilino, arrestò l'avanzata delle soverchianti forze nemiche, dando il tempo ai commilitoni di ultimare la demolizione del ponte. Una volta che questo fu distrutto, i tre si gettarono nel Tevere trovandovi la salvezza. Ma Orazio Coclite fu l'ultimo a farlo, garantendo l'incolumità dei compagni a suon di fendenti e parate di scudo. Gaio Muzio Scevola mise letteralmente una mano sul fuoco quando fallì la missione di uccidere Porsenna colpendo per errore lo scriba del lucumone etrusco. Come gesto volontario per aver disatteso le aspettative del suo popolo, Scevola sacrificò la propria mano destra. Porsenna fu talmente impressionato dal coraggio del giovane romano che lo liberò. Ma ora riprendiamo il racconto di Clelia.

Clelia, poco più che adolescente, non riteneva giusta la decisione presa dal Senato di consegnarla agli Etruschi insieme alla migliore gioventù di Roma. Una lunga riflessione durante il cammino di avvicinamento alla destinazione finale anticipò il passaggio all'azione alla prima occasione giusta. Quando il corteo degli ostaggi arrivò, scortato, all'accampamento etrusco sulla sponda del Tevere, ella notò che vi regnava un gran trambusto. I soldati erano intenti a smontare le tende per l'imminente partenza. Un attimo di distrazione delle guardie e Clelia, trascinando con sé le compagne, riuscì a raggiungere il fiume, mischiandosi ai cavalli portati ad abbeverarsi. Pregò il dio Tiberino e si gettò nelle acque del Tevere, incitando le compagne a non demordere anche quando gli Etruschi si accorsero della fuga e tentarono di riprenderle o di ucciderle tempestandole di frecce. Questa è una prima versione. Una seconda recita che Clelia fu consegnata a Porsenna come unico pegno di pace, per via dell'importanza e della nobiltà della sua famiglia. La fanciulla trovò il modo di fuggire, tuffandosi nel Tevere per poi raggiungere Roma a piedi. C'è anche una terza variante ma ve la dico dopo altrimenti potrebbe non comprendersi bene il seguito della storia.

La ribelle Clelia, eroina romana, tenne testa al re etrusco Porsenna. La sua impresa è paragonabile a quelle di Orazio Coclite e di Muzio Scevola

Riprendiamo il racconto in base alla prima versione che è quella che mi piace di più. Le coraggiose fanciulle capitanate da Clelia la ribelle, raggiunsero indenni la riva opposta del Tevere e si diressero a Roma. Ma Clelia non fu accolta con gli onori che si aspettava, né con gioia. I consoli, i senatori e gli stessi famigliari condannarono la sua impresa, schernendola e offendendola. Poco ci mancò che la passassero per le armi come la peggiore delle traditrici della patria perché la parola di Roma era stata disattesa e la guerra sarebbe ripresa più furiosa che mai. Dal canto suo Porsenna mandò subito ambasciatori, chiedendo la consegna delle fuggitive. Clelia fu riportata di forza al campo etrusco e gettata ai piedi del lucumone etrusco. Qui posso introdurre la terza versione del mito. Clelia, fuggita dal campo etrusco con le compagne, le costrinse a gettarsi nel Tevere per raggiungere a nuoto l'altra sponda. La nostra eroina ribelle, rimasta di guardia sull'argine, non fece in tempo a tuffarsi nelle acque del biondo fiume che fu catturata dalle sentinelle etrusche. Riportata all'accampamento, fu gettata ai piedi di Porsenna (la scena è sempre quella).
Storia Misteriosa - Clelia prigioniera del re etrusco Porsenna
Eppure quando Porsenna, pieno d'ira, afferrò Clelia per il mento, (qualcuno dice per i capelli ma mi sembra esagerato), per osservare al meglio l'imprudente fanciulla, il suo sguardo di valoroso guerriero si fermò in quello fiero di lei. Possiamo affermare che il condottiero etrusco, in un istante, comprese che Clelia era fatta della sua stessa pasta. Dopo un lungo istante di pausa, disse: «Se fossi un soldato, ti aspetterebbe la morte per aver disonorato un giuramento. Ma tu non sei nemmeno ancora una donna. La tua giovane età trasforma la vergogna di una fuga in un atto di valore, persino superiore a quanto mostrato da Orazio e da Muzio.»

Porsenna donò un magnifico cavallo alla fanciulla, la protesse e la onorò come la più gradita delle ospiti. Le ordinò anche di riportare in patria 10 ostaggi. Clelia liberò i ragazzi perché tra gli etruschi avrebbero avuto un'esistenza di umiliazioni rispetto alle compagne che invece si sarebbero integrate con più facilità. In questo passaggio della liberazione dei soli maschi, si può notare una certa stonatura rispetto al messaggio generale trasmesso dall'intero racconto. Ma bisogna considerare che nel contesto specifico, a dominare è il bene della collettività, (e gli autori latini tengono a ricalcarlo, a farlo ben comprendere), che nel caso di Roma, significava poter contare in futuro su uomini in grado di governare, combattere e difendere la patria. In pratica, l'avere di nuovo 10 baldi giovani ben valeva il sacrificio di 9 fanciulle. Anche o forse soprattutto per questo motivo, l'Urbe accolse Clelia con grandi onori, dedicandole persino una statua equestre lungo la via sacra che dal Foro conduceva al punto più alto della città. Roma dava i natali non solo a uomini coraggiosi ma anche a donne fiere e determinate. La statua di Clelia lo avrebbe ricordato a tutti, per sempre...

Bibliografia e sitografia:
  • "Miti romani. Il racconto" di Licia Ferro e Maria Monteleone. Einaudi (2014).
  • "Ad Urbe Condita (II, 13)" di Tito Livio. Edizione BUR (1992).
  • Immagini e fotografie pubblicate con Licenza di utilizzo "Canva" regolarmente acquistata.
  • Le illustrazioni sono generate con intelligenza artificiale.
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