Gli affreschi della Villa dei Misteri di Pompei tra interpretazioni e significati enigmatici
Un ciclo pittorico di assoluto valore artistico che lascia esterrefatti sia per l'ottimale stato di conservazione che per i soggetti rappresentati e le tematiche trattate. Parliamo degli affreschi della Villa dei Misteri di Pompei...
Di Andrea Contorni - sabato 16 settembre 2023
Divinità, fauni, satiri, menadi e figure alate per un meraviglioso e misterioso ciclo pittorico. Gli affreschi del triclinio della Villa dei Misteri di Pompei non finiscono mai di sorprendere...
La Villa dei Misteri è una villa suburbana costruita a circa un centinaio di metri fuori dalle mura dell'antica città romana di Pompei, sul lato nord. L'edificio fu realizzato nel corso del II secolo a.C., avendo il suo periodo di massimo splendore durante l'età augustea. La Villa dei Misteri dominava una collinetta con un meraviglioso affaccio sul Golfo di Napoli. In origine essa era una tipica villa d'otium, adibita con tutte le comodità per il riposo degli occupanti dalle attività e dagli affari praticati in città. Ambienti ampi dislocati su una pianta quadrata, giardini pensili e posizione panoramica, rendevano la Villa dei Misteri, una costruzione di grandissimo pregio. In seguito al terremoto del 62 d.C., la Villa dei Misteri cadde in rovina, avendo subito ingenti danni. Fu gradualmente trasformata in villa rustica con l'aggiunta di diversi ambienti adibiti nello specifico alla spremitura dell'uva per mezzo di torchi e alla conseguente produzione di vino. Nel 79 d.C., anno dell'eruzione del Vesuvio, la Villa dei Misteri era in ristrutturazione per quanto riguarda le zone residenziali. La costruzione fu riportata alla luce tra il 1909 e il 1910. Negli scavi, anche quelli successivi, non furono rinvenuti oggetti di particolare interesse oltre una statua di Livia in abiti da sacerdotessa e varie suppellettili di uso agricolo. Numerosi resti umani giacevano nella parte rustica della Villa dei Misteri.
La Villa dei Misteri deve il suo nome allo straordinario ciclo pittorico, rinvenuto quasi intatto nel triclinio. Questa era la sala dove veniva servito il pranzo nelle case degli antichi romani. Gli affreschi furono realizzati tra il 70 e l'80 d.C. e consistono in diverse sequenze che si sviluppano su tre pareti con personaggi dipinti a grandezza naturale. Essi danno vita a un'opera dal forte impatto emotivo e dal significato profondo e dibattuto tra gli studiosi. Dopo anni di ipotesi, è accertato che l'artista abbia raffigurato un rito misterico, riservato ai devoti del culto di Dioniso, arcaico dio della vegetazione e poi dio dell'estasi, del vino, dell'ebbrezza e della liberazione dei sensi.
Comunque, pur con la certezza di trovarci dinanzi a una ritualità legata ai misteri di Dioniso, l'analisi degli affreschi ancora soffre di dubbi sull'interpretazione delle singole figure e del loro potente simbolismo. Da parte mia ho trovato molto interessante e ricco di spunti l'articolo di Alberto Cottignoli, critico d'arte, artista di fama internazionale ed esperto di pittura vascolare antica. Cottignoli contesta parte della lettura classica dell'opera, viziata secondo lui da restauri che avrebbero rovinato o male interpretato alcuni aspetti delle pitture tra cui il colore viola, dominante in tante sfumature che non esisterebbero più. Non sono in grado di sentenziare su chi abbia ragione oppure no riguardo questa vicenda ma credo sia importante accennare a quanto spiegato dal Cottignoli in modo che ognuno possa farsi la propria idea e approfondire l'argomento. Nella difficile spiegazione che andrò ad affrontare, utilizzerò il presente per le interpretazioni ufficiali e il condizionale per quelle del Cottignoli.
La Villa dei Misteri offre al visitatore un meraviglioso ed elaborato ciclo pittorico che si sviluppa su tre pareti del triclinio. Gli affreschi raffigurano un rito misterico legato al culto dionisiaco
Nella prima scena abbiamo quattro figure. La lettura tradizionale pone al centro un bambino (forse Dioniso da piccolo) intento nella lettura delle formule sacre sotto la guida di due figure austere, (la madre del dio del vino Semele e sua zia Ino?). Si tratta pertanto di una scena di catechesi, preparatoria del matrimonio. Una terza donna porta un'offerta dirigendosi verso la scena seguente. Cottignoli ritiene il bambino nudo non di sesso maschile ma femminile. Per lo studioso, la figura centrale sarebbe una fanciulla che con espressione spaventata (mentre legge la pergamena con gli insegnamenti dionisiaci) e spinta dall'atteggiamento severo delle donne alle sue spalle, starebbe per essere iniziata al culto del dio. Il restauro avrebbe confuso un danno dell'intonaco con l'organo maschile che infatti non presenta i testicoli. Per Cottignoli, la prima scena sarebbe pertanto l'inizio del percorso iniziatico di una bambina che ritroveremo cresciuta in tutte le successive sequenze.
Nella seconda scena, secondo la lettura ufficiale, abbiamo ancora tre donne, con la sposa al centro di spalle, impegnate nella preparazione del bagno rituale che precedeva il primo rapporto sessuale. Per Cottignoli, la figura di spalle sarebbe invece la bambina della prima scena, cresciuta e protagonista assoluta del cammino iniziatico. Ancora una volta l'espressione contratta della ragazza tradirebbe un forte disagio mentre osserva alla sua destra la scena dionisiaca che si sviluppa nel prossimo episodio. L'ancella alla nostra destra porta nella cintola un rotolo di pergamena che sarebbe la medesima pergamena che la bimba leggeva nella prima scena. Cottignoli infine contesta che si tratti della raffigurazione di un bagno rituale in quanto la supposta vasca, a sinistra, sarebbe in realtà una scatola sorretta dalla prima ancella. Da questo contenitore, l'iniziata tirerebbe fuori una stoffa viola; il viola era il colore delle vesti dei devoti a Dioniso. La seconda ancella, una panisca dalle orecchie a punta, invece, starebbe per purificare un rametto di mirto, tenuto in mano dall'iniziata, tutta simbologia legata al culto dionisiaco.
La terza sequenza raffigura il classico corteo dionisiaco. Da sinistra abbiamo un sileno che suona la lira, un satiro con una siringa, una panisca con due capretti (ne allatterebbe uno) e una menade che probabilmente balla mentre guarda spaventata la scena successiva. Questa (la quarta) si apre con un sileno che tiene in mano una coppa in cui si specchia un satiro: si allude alla pratica della divinazione attraverso lo specchio. Un altro satiro sostiene una maschera teatrale. Per Cottignoli, i satiri non sarebbero tali ma identificabili con due iniziati in quanto non presenterebbero i tratti somatici e le caratteristiche tipiche di queste creature dei boschi. Quello che guarda dentro il vaso, praticherebbe l'oinomanzia, la lettura dei fondi di vino per predire il futuro. Il centro della scena è occupato da Dioniso, abbandonato languidamente tra le braccia di Arianna, sua sposa, o della dea Afrodite. Riprendendo quanto spiegato da Cottignoli, la donna inginocchiata sarebbe sempre la nostra protagonista, costretta a terra dal tirso che le preme sulla spalla.
Ella ha svelato il contenuto della cesta mistica, consistente in un grande simbolo fallico. Si tratta del rito essenziale dell'iniziazione dionisiaca. Cottignoli fa notare come il panno viola che copre la cesta, un tempo doveva essere trattenuto dalla mano sinistra dell'iniziata. Un restauro novecentesco avrebbe ricostruito la mano della donna in una posizione più alta rispetto all'originale. In tal modo, il panno sembra sostenersi per pura magia. Il tutto si conclude con una figura femminile alata (forse Teleté, figlia di Dioniso) che frusta l'iniziata della scena successiva. Cottignoli contesta anche questa interpretazione: per lui la donna alata sarebbe una delle Lare, custodi delle umane virtù fin dall'epoca etrusca. Ella, scandalizzata dalla scena fallica (da qui l'espressione schifata e il viso voltato a sinistra), frusterebbe l'iniziata alla sua destra, nel tentativo di farla desistere dalla scoprire il contenuto della cesta (in ogni caso per punirla dell'ardire del rito dionisiaco), e non quella nella prossima sequenza.
Nell'ultima scena, la ragazza sfinita e in lacrime, subisce la flagellazione, momento catartico della cerimonia di iniziazione. Il tutto si chiude con la stessa donna, ormai diventata una menade, che balla in onore di Dioniso. Cottignoli, negando come ho spiegato in precedenza, che la figura alata stia frustando l'iniziata di questa sequenza, ritiene che la protagonista piangerebbe perché costretta al culto. Un iter che abbiamo visto, sarebbe iniziato in tenera età, contro la sua volontà. Sulle pareti ai lati dell'ingresso della sala sono raffigurate, da una parte una sposa in compagnia di un ancella e di un putto durante la toeletta nuziale, dall'altro una matrona che sembra assistere al rito iniziatico. Che sia proprio la raffigurazione della ricca padrona della Villa dei Misteri, di colei che ha voluto affrescare il triclinio con la rappresentazione simbolica delle sue nozze iniziatiche? Un percorso che il Cottignoli ritiene drammatico e fonte di grande dolore per chi lo ha subito, come testimoniato dalle espressioni tristi, quasi angosciate, di tutte le figure coinvolte in questo meraviglioso capolavoro dell'arte antica...
Bibliografia e sitografia:
- "Pompei: la Villa dei Misteri (finalmente svelati)" di Alberto Cottignoli.
- "La megalografia della Villa dei Misteri a Pompei" di Valeria Auricchio.
- "Pompei: La Villa dei Misteri "non" Svelati" di Valeria Scuderi.
- Immagini e fotografie pubblicate con Licenza di utilizzo "Canva" regolarmente acquistata.
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STORIA MISTERIOSA
« LA MENTE AMA L'IGNOTO. AMA LE IMMAGINI IL CUI SIGNIFICATO È IGNOTO POICHÉ IL SIGNIFICATO DELLA MENTE STESSA È SCONOSCIUTO... »
René Magritte