John Elwes, l'avaro che ispirò l'Ebenezer Scrooge di Charles Dickens, nel racconto Canto di Natale
Chi non conosce il racconto "Canto di Natale" dello scrittore britannico Charles Dickens? Ebenezer Scrooge, il vecchio scontroso e tirchio al quale i fantasmi del Natale fanno visita, è un personaggio esistito nella realtà?
Di Andrea Contorni - venerdì 29 dicembre 2023
La novella "A Christmas Carol. In Prose. Being a Ghost-Story of Christmas", in italiano "Canto di Natale", ha ottenuto dal 1843, anno della sua prima pubblicazione, ad oggi, un successo planetario con un susseguirsi ininterrotto di ristampe e adattamenti teatrali, cinematografici, televisivi e d'animazione. Charles Dickens ha scritto la storia perfetta consegnando all'immortalità il suo protagonista, l'avaro Ebenezer Scrooge.
Nel 1984, quando avevo sette anni, vidi per la prima volta in televisione il lungometraggio d'animazione "A Christmas Carol" di Jean Tych, distribuito dal 1982 in poi. Durava poco più di un'ora e l'ho adorato fin da subito. Nel medesimo periodo giunse in Italia anche il "Canto di Natale di Topolino", una rivisitazione della storia di Dickens con i personaggi classici della Disney e un formidabile Paperon de' Paperoni nel ruolo di Ebenezer Scrooge. Non tutti sanno che in origine il nome di Zio Paperone era Uncle Scrooge o Scrooge McDuck, proprio in omaggio all'avaro di "Canto di Natale" al quale il disegnatore Carl Barks si era ispirato per creare il ricco e spilorcio papero. Ebenezer Scrooge, descritto come un vecchio affarista senza moglie e figli, disprezza il Natale, la povertà e la felicità altrui. Infastidito da tutto e da tutti, vive col minimo indispensabile, lesinando ogni cosa. Il suo abbigliamento è trasandato e l'alimentazione scarna. Scrooge non brilla neppure per la salute accompagnando un aspetto emaciato a una postura gobba, dovuta a tutto il tempo trascorso alla scrivania a contare e ricontare monete. L'avaro tratta male tutti, dal contabile sottopagato, Bob Cratchit, al suo unico nipote Fred. Ma a Scrooge viene data una possibilità di ravvedimento attraverso la visita di ben quattro fantasmi. Il primo è quello di Jacob Marley, ex socio d'affari di Scrooge, persona in vita ancor più terribile di lui, che gli appare nella sera della vigilia di Natale. L'entità annuncia la prossima visita degli spiriti del Natale passato, del Natale presente e del Natale futuro. Ripercorrendo la sua esistenza, gli errori e le privazioni fatte nel nome del denaro, contemplando il suo oscuro avvenire, Ebenezer Scrooge comprende di aver sbagliato tutto. Pertanto decide di cambiare vita, trasformandosi in una persona generosa e disponibile e tornado a gioire nel giorno di Natale. Questa è in soldoni, la trama dell'opera in cinque atti di Dickens. Tra le righe nasconde una forte componente di critica sociale, frutto di un periodo, il XIX secolo, di forti tensioni in tutta Europa a causa della povertà dilagante tra le classi medie e dello sfruttamento e degli abusi in ambito lavorativo, soprattutto nelle fabbriche. Ma Charles Dickens inventò di sana pianta il personaggio di Ebenezer Scrooge o si ispirò a qualcuno? Che Scrooge sia esistito nella realtà? Scopriamolo insieme!
Ebbene sì, Ebenezer Scrooge, il protagonista dell'amato racconto "Canto di Natale" è esistito realmente, pertanto Charles Dickens non si è inventato nulla e al limite ha solo esasperato il carattere e i difetti di qualcuno di cui era venuto a conoscenza. Ma prima di parlare nel dettaglio dell'uomo che ha ispirato lo scrittore britannico nel delineare l'avaro affarista che ebbe a che fare con ben quattro fantasmi, devo raccontarvi un'altra vicenda che, a detta di molti, rappresentò per Dickens il primissimo input o la cosiddetta scintilla d'intelletto per concepire il suo piccolo capolavoro letterario. Mentre al tramonto passeggiava per il cimitero di Canongate a Edinburgo ("The Canongate Kirkyard") nel 1841, Dickens si fermò dinanzi alla sepoltura di un certo Ebenezer Lennox Scroggie, nato nel 1792 e morto nel 1836. Sulla lapide di questo Scroggie c'era un'epigrafe che recitava "Ebenezer Lennox Scroggie - meal man", in italiano "Ebenezer Lennox Scroggie - uomo del pasto", in riferimento all'attività lavorativa del tipo che era stato un abile commerciante di mais, vino e whisky.
Pronipote dell'economista Adam Smith, Lennox Scroggie vinse un contratto di fornitura per la Royal Navy e organizzò gli approvvigionamenti alimentari per la visita di re Giorgio IV a Edinburgo nel 1822. Era un tipo gioviale, sempre allegro, persino licenzioso in alcune occasioni, insomma un bontempone per nulla avaro. Uno che con il personaggio inventato da Dickens in "Canto di Natale" non aveva nulla a che fare. Ma quella sera, Charles Dickens, forse a causa dell'oscurità, sulla lapide del povero defunto, lesse "Ebenezer Lennox Scroggie - mean man", dunque "uomo cattivo". Perché quell'uomo era stato seppellito con un'iscrizione così terribile a macchiarne la memoria per l'eternità? Forse perché in vita era stato uno spilorcio? E questo equivoco fece balenare nella testa di Dickens l'idea vincente per il suo "A Christmas Carol".
Il personaggio di Ebenezer Scrooge di Canto di Natale fu infine costruito sulla figura di un certo John Elwes...
John Elwes (1714 - 1789) era un deputato del Berkshire, rampollo dei Meggot, una rispettabile e benestante famiglia inglese. Il padre, Robert, che venne a mancare quando John aveva appena quattro anni, possedeva un birrificio mentre il nonno, Sir George, era stato il primo della casata ad accedere al parlamento. La madre, Amy Elwes, apparteneva alla piccola nobiltà britannica, nipote del Baronetto e deputato del Suffolk, Sir Gervase Elwes. John studiò con risultati brillanti alla Westminster School. Viaggiò in quasi tutta Europa, eccellendo nell'equitazione e nella caccia. Purtroppo la sua famiglia, da generazioni, era erosa dal tarlo dell'avarizia. La nonna materna, Lady Isabella Hervey era celebre per questa non edificante qualità. E quando Amy Elwes ereditò parte dell'eredità del consorte defunto, non fu da meno. Si racconta, forse con un pizzico di esagerazione, che la donna morì di fame e di stenti pur di non spendere i suoi soldi. Rimasto senza padre, John finì sotto l'influenza di Sir Hervey Elwes, suo zio, a sua volta Baronetto e deputato, di cui prese infine il cognome. L'uomo, ricchissimo possidente terriero, era talmente tirchio da vantarsi di sopravvivere con sole 110 sterline l'anno. John, nel quale evidentemente covava già il seme dell'avarizia, restò affascinato dallo zio materno, tanto da adottarne lo stile di vita. Quando, nel 1763, il vecchio Elwes passò a miglior vita, lasciò al nipote una fortuna immensa.
Pieno di soldi, John Elwes ebbe terrore di diventare povero, soffrendo probabilmente di una forma accentuata di iperopia, un disturbo ossessivo compulsivo che si manifesta appunto nell'ossessione per il risparmio. Decise di indossare sempre e solo la stessa veste, dormendoci anche. Si accontentò di una parrucca buttata in una siepe da un mendicante. Si muoveva rigorosamente a piedi, anche con la pioggia, mangiando il minimo indispensabile, raccogliendo gli animali morti in strada o barattando con i macellai carcasse putrefatte in cambio di qualche scellino. Mantenne lo stesso bassissimo tenore di vita anche da deputato, dal 1772 al 1784. Per recarsi al Parlamento a Westminster affrontava il viaggio in groppa a un vecchio ronzino con un solo uovo sodo in tasca come pasto. Terminata la carriera politica, John Elwes iniziò a vagare quasi senza meta tra le sue numerose proprietà, tutte in rovina a causa della mancanza totale di manutenzione. Finì a vivere in una vecchia casa londinese, arredata col minimo indispensabile e senza vetri alle finestre, con la sola compagnia di un'anziana governante. Tuttavia quando giunse l'inverno, Elwes si ammalò a causa del freddo. Era troppo avaro per accendere il camino e usufruirne per scaldarsi. Fu trovato dopo qualche tempo dal nipote, il colonnello Timms, agonizzante nella sua stanza. In quella accanto, la domestica aveva trovato la morte, non resistendo alle disagevoli condizioni di vita. Andando avanti con gli anni, Elwes divenne ancora inquieto. Il suo rapporto col denaro era peggiorato tra manie e paura di essere derubato. L'avaro morì in solitudine il 26 novembre del 1789 nel suo letto, con indosso i vestiti e le scarpe di sempre.
Sappiamo vita, morte e miracoli di John Elwes dai resoconti del giornalista Edward Topham, suo amico e biografo, il quale tiene a specificare che l'uomo fu avaro solamente nei suoi confronti e non verso gli altri. Elwes infatti prestò molti dei suoi soldi, altri li regalò senza chiederli indietro e con altri ancora promosse e finanziò opere di pubblica utilità. Charles Dickens, ispirandosi a lui nel caratterizzare Ebenezer Scrooge, ne esasperò alcuni tratti, inventandone di nuovi. Scrooge era un vecchio scorbutico ed egoista, uno spilorcio incattivito dalla vita mentre Elwes fu sempre di temperamento mite e cortese con tutti. Forse Dickens per il suo Scrooge, mischiò le peculiarità di Elwes con quelle di Daniel Dancer, altro celebre avaro del XVIII secolo, dal carattere più spigoloso. È comunque logico che lo scrittore, pur prendendo spunto da un personaggio esistito nella realtà, non lo abbia riprodotto fedelmente in "Canto di Natale", cercando, al contrario, di rendere Scrooge funzionale al messaggio che il racconto voleva trasmettere. Il significato morale della novella è incentrato sulla redenzione e sulla trasformazione personale. Dickens critica la cupidigia, l'indifferenza sociale e l'egoismo delle classi benestanti, sottolineando l'importanza della compassione, della generosità e della gentilezza. Scrooge, attraverso le sue esperienze con i fantasmi, apprende infatti la lezione che la vera ricchezza risiede nei rapporti umani e nell'aiutare gli altri. La storia incoraggia la riflessione sulla propria condotta morale e sulla capacità di cambiare per il meglio. Lo spirito del Natale è proprio questo, riassunto nel detto "A Natale siamo tutti più buoni". Il successo planetario di "Canto di Natale" di Charles Dickens persiste immutato ancora oggi; il racconto continua a brillare nel panorama letterario internazionale, offrendo un messaggio senza tempo di speranza e di rinascita...
Bibliografia e note:
- "Charles Dickens e la vera storia di Ebenezer Scrooge", di Arianna Di Pace da "InLibertà.it".
- "John Elwes: l’Avaro che ispirò Ebenezer Scrooge nel "Canto di Natale" di Dickens", di Matteo Rubboli da "VanillaMagazine.it".
- Immagini e grafiche pubblicate con Licenza di utilizzo "Canva" regolarmente acquistata.
- Le illustrazioni sono realizzate con l'ausilio dell'intelligenza artificiale.
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